Dopo di noi: un futuro possibile

Posso farcela da solo anch’io

Il 14 giugno è una data che molte famiglie ricorderanno, è stata infatti approvata la legge sul cosiddetto “dopo di noi”, un segno tangibile nella garantire i diritti delle persone con disabilità, un passo importante che consente anche ai loro genitori di guardare al futuro con serenità. La norma tra le tante innovazioni, prevede l’istituzione di un Fondo che finanzia interventi finalizzati a creare opportunità abitative di tipo famigliare e di co-abitazione. Perchè la legge, che ha richiesto tempi lunghi di approvazione, entri a pieno regime servono ancora dei passaggi come ad esempio l’individuazione dei requisiti di accesso alle misure di assistenza, cura e protezione a carico del Fondo e la definizione degli obiettivi di servizio per le prestazioni da erogare. Nell’attesa – della legge prima, della sua attuazione ora – in molti territori del Paese la società civile, famiglie, cooperative, si sono comunque già attivate con progetti sperimentali che guardano all’abitare non solo come una questione di muri e spazi, ma come un progetto di vita, come un cammino fatto di relazioni, come un percorso che coinvolge potenzialmente tutta la comunità. Tra queste realtà c’è La Rete con l’appartamento a Trento Nord, in cui sono andati a vivere insieme Nicola, Christian e Moreno, tre giovani adulti con disabilità cognitiva. Il progetto è stato possibile grazie al contributo di molte organizzazioni, tra queste Dolomiti Energia Basket Trentino e i suoi partner che hanno messo a disposizione risorse per l’acquisto degli arredi. Nicola, Christian e Moreno hanno vissuto l’esperienza con entusiasmo fin dal giorno dell’inaugurazione, quando l’emozione per questo nuovo inizio era palpabile. In questi mesi i giovani hanno condiviso la loro quotidianità: dall’alzarsi la mattina e fare colazione, all’organizzare cene con amici e volontari, da prendere il giornale a coordinarsi per le pulizie fino al ritrovarsi la sera dopo il lavoro. I loro caratteri molto diversi (uno più introverso, un altro euforico, uno molto preciso) non hanno impedito di rafforzare la loro amicizia, in una convivenza che ha arricchito le loro vite con la creazione anche di nuovi rapporti grazie ad una sempre maggiore inclusione nella vita del quartiere. Non sono mancate le difficoltà: c’è chi è restato chiuso fuori casa; chi ha sperimentato la vita notturna con qualche delusione; chi ha perso la testa per una ragazza, chi non sapeva più come gestire nella nuova situazione i rapporti con la propria famiglia. Ostacoli che a ben vedere, possono fare parte della vita di tutti e che piano piano anche i protagonisti di questa storia hanno superato. Oltre alle nuove amicizie, al fortificarsi del loro rapporto, allo sperimentare nuove emozioni talvolta contrastanti, “l’aspetto più significativo – afferma Osvaldo Filosi, responsabile del progetto per la cooperativa La Rete – è la loro crescita personale e il loro energico e costante impegno perché tutto funzioni. Sono sempre riusciti a mettere da parte i loro screzi, ad aiutarsi e a prendere decisioni cercando di conciliare le loro necessità.” Un percorso di inclusione possibile grazie al loro sforzo e a quello degli educatori che li sostengono e li seguono con visite periodiche; della cooperativa che ha ricercato l’alloggio idoneo e ha raccolto le risorse economiche necessarie; delle famiglie che hanno aderito convintamente al progetto. Dato quest’ultimo niente affatto scontato perchè per i genitori di persone con disabilità non è sempre facile immaginare che i propri figli possano farcela senza il loro aiuto. Per anni e anni li hanno accompagnati e sostenuti nell’affrontare le loro difficoltà, hanno garantito cura e protezione muovendosi in un contesto non sempre pronto ad accogliere le fragilità e capace di vedere oltre. La protezione rischia a volte di produrre una reciproca dipendenza che impedisce di vedere un futuro, in tutto o in parte, autonomo. Non è stato così per Lucia Pintarelli mamma di Nicola: “fin da piccolo l’ho spinto a fare quello che facevano gli altri, a provare, rischiare. E lui lo ha fatto sapendo che se qualcosa non andava poteva rivolgersi a me e a mio marito. Così ha imparato a muoversi in autobus da solo, ha trovato un lavoro e così via. L’autonomia raggiunta ad un certo punto è diventata il desiderio di andare “fuori di casa”, avere una vita propria. Mio marito ed io abbiamo deciso di aiutarlo: nei fine settimana abbiamo cominciato a lasciarlo da solo a casa con compiti da fare come portare a spasso il cane, farsi da mangiare e così via. Stavamo via all’inizio un giorno, poi anche la notte e poi l’intero week end. Ed è così che ci siamo resi conto che Nicola era pronto. Il progetto de La Rete ci ha dato – a noi, ma soprattutto a lui- l’opportunità di realizzare il suo desiderio. Non è stato semplice staccarsi, all’inizio un po’ d’ansia da parte mia c’era, ma poi è passata vedendo che tutto andava bene e che se anche c’erano delle difficoltà, come capita nella vita di tutti, Nicola e i suoi compagni le superavano”.

Fonte Rivista Cooperazione tra Consumatori, settembre 2016 | di Giada Guerini