CARLO FRANCESCUTTI: CON ETIKA AVETE INNOVATO IL WELFARE PER LA DISABILITÀ

Durante il seminario “Esperienze e traiettorie per la promozione della qualità di vita nella disabilità” organizzato dalla neocostituita cooperativa Impronte, nata dall’esperienza trentennale di Iter e il Ponte, Carlo Francescutti, direttore dei servizi sociosanitari dell’Azienda Sanitaria del Friuli Occidentale e membro del Comitato scientifico “etika” ha elogiato la qualità del mondo cooperativo trentino. “In cinque anni, di cui due di pandemia, – ha affermato – avete raggiunto risultati sul tema dell’abitare inclusivo per persone con disabilità impensabili in altri territori. Anche grazie a “etika”, la Provincia ha colto la necessità di trasformare il sistema del welfare locale promovendo l’innovazione sul sostegno alla disabilità. “Costruire un sistema di welfare capace di sostenere l’empowerment e l’autodeterminazione per la persona con disabilità significa accompagnarla nello sviluppo di percorsi di vita adulta indipendentemente dalle sue performance cognitive e dalle sue abilità.”

Francescutti ha poi proseguito nel suo intervento ricostruendo la storia culturale, sociale e dei servizi per la disabilità.

Lezioni dal passato

Dalla metà del secolo scorso, la scienza e la giurisprudenza hanno fatto passi significativi per migliorare la qualità di vita delle persone disabili. Muoversi in questa direzione è stato imperativo, soprattutto, dopo le testimonianze degli esperimenti scientifici del regime nazista. Durante questo periodo sono state promosse idee eugenetiche e, in alcune realtà, messe in pratica in maniera industriale, penso ad esempio al programma T4 e alle conseguenze in termini numerici. Oltre a un dato sconosciuto di vittime sottoposte agli esperimenti scientifici del regime, ricordiamo l’uccisione di 70.000 persone con disabilità e la sterilizzazione forzata di 400.000 persone etichettate socialmente indesiderabili durata fino agli anni Settanta. Il tema dell’eugenetica è oggetto ancor oggi di dibattito: in virtù di un malinteso senso della promozione di qualità di vita si vorrebbe eliminare molte categorie di persone. Il gruppo di persone con la sindrome di Down è quella che offre più informazioni in termini di qualità di vita, ma in gran parte dell’Europa questa categoria è scomparsa e i Paesi scandinavi sono sostanzialmente down free. È importante mantenere vivo lo studio su questi temi e con estrema sensibilità e onestà intellettuale continuare a parlare e includere.

Innovare il welfare territoriale

Orientare le forme organizzative e il modo di pensare verso un welfare che riconosce la vita della persona significa promuovere l’empowerment e l’autodeterminazione nello sviluppo di percorsi di adultità. La specie umana è costruita attorno all’idea di “casa”, che non è solo il tetto di protezione, ma anche il luogo dove si impara a gestire le relazioni e si mettono le condizioni per arricchire la vita emotiva e cognitiva. Francescutti sottolinea la necessità di offrire servizi in grado di diventare palestre di capacitazione e non luoghi di scarico umano sociale. Il punto di partenza risiede nei sogni e nei desideri di queste persone e quindi diventa imperativo porre le basi per un’educazione all’autodeterminazione. Da questo diritto scaturisce un obbligo di strutture di sostegno con l’obiettivo di far sentire accolta e valorizzata la persona disabile. 

Autodeterminarsi

Carlo Francescutti evidenzia che l’autodeterminazione non vuol dire agire in autonomia, ma essere educati fin da piccoli ad assumersi in qualche modo una responsabilità attiva verso il proprio percorso di crescita. Sicuramente chi impara da piccolo a viversi in questa dimensione autodeterminata, da adulto mostra dei risultati sodisfacenti. Le persone con disabilità intellettiva o di maggiore gravità se accompagnate adeguatamente possono diventare capaci di autodeterminarsi. La realizzazione personale però richiede competenze specifiche e quindi è importante continuare ad assicurare un sistema di servizi valido e differenziato per mettere la persona disabile nella condizione di poter scegliere, ma anche di sbagliare. Alle persone con disabilità non deve essere negato nulla dell’esperienza di qualsiasi altra persona. Molte volte, però, il senso di protezione porta ad immaginare che non si possa concepire la fatica di uno sbaglio, dimenticando così che nella vita impariamo ad orientarci anche grazie alle nostre esperienze negative. Bisogna quindi imparare a dare fiducia e a cedere potere in favore della persona che necessita di essere sostenuta nel suo processo di valorizzazione e autodeterminazione.

 

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